palavras de ursa

Saturday, June 28, 2008

Plantas



Margarida V-Barcelona

La luna y la rosa

Miguel de Unamuno-LA LUNA Y LA ROSA

En el silencio estrellado
la Luna daba a la rosa
y el aroma de la noche
le henchía -sedienta boca-
el paladar del espíritu,
que adurmiendo su congoja
se abría al cielo nocturno
de Dios y su Madre toda...

Toda cabellos tranquilos,
la Luna, tranquila y sola,
acariciaba a la Tierra
con sus cabellos de rosa
silvestre, blanca, escondida...
La Tierra, desde sus rocas,
exhalaba sus entrañas
fundidas de amor, su aroma ...

Entre las zarzas, su nido,
era otra luna la rosa,
toda cabellos cuajados
en la cuna, su corola;
las cabelleras mejidas
de la Luna y de la rosa
y en el crisol de la noche
fundidas en una sola...

En el silencio estrellado
la Luna daba a la rosa
mientras la rosa se daba
a la Luna, quieta y sola.

Tuesday, June 24, 2008

Lavando


Tina Modotti

Sogno d'Estate

Giosuè Carducci-Sogno d'Estate

Tra le battaglie, Omero, nel carme tuo sempre sonanti
la calda ora mi vinse: chinommisi il capo tra 'l sonno
in riva di Scamandro, ma il cor mi fuggí su 'l Tirreno.
Sognai, placide cose de' miei novelli anni sognai.
Non piú libri: la stanza da 'l sole di luglio affocata,
rintronata da i carri rotolanti su 'l ciottolato
de la città, slargossi: sorgeanmi intorno i miei colli,
cari selvaggi colli che il giovane april rifioria.
Scendeva per la piaggia con mormorii freschi un zampillo
pur divenendo rio: su 'l rio passeggiava mia madre
florida ancor ne gli anni, traendosi un pargolo a mano
cui per le spalle bianche splendevano i riccioli d'oro.
Andava il fanciulletto con piccolo passo di gloria,
superbo de l'amore materno, percosso nel core
da quella festa immensa che l'alma natura intonava.
Però che le campane sonavano su dal castello
annunzïando Cristo tornante dimane a' suoi cieli;
e su le cime e al piano, per l'aure, pe' rami, per l'acque,
correa la melodia spirituale di primavera;
ed i pèschi ed i méli tutti eran fior bianchi e vermigli,
e fior gialli e turchini ridea tutta l'erba al di sotto,
ed il trifoglio rosso vestiva i declivii de' prati,
e molli d'auree ginestre si paravano i colli,
e un'aura dolce movendo quei fiori e gli odori
veniva giú da 'l mare; nel mar quattro candide vele
andavano andavano cullandosi lente nel sole,
che mare e terra e cielo sfolgorante circonfondeva.
La giovine madre guardava beata nel sole.
Io guardava la madre, guardava pensoso il fratello,
questi che or giace lungi su 'l poggio d'Arno fiorito,
quella che dorme presso ne l'erma solenne Certosa;
pensoso e dubitoso s'ancora ei spirassero l'aure
o ritornasser pii del dolor mio da una plaga
ove tra note forme rivivono gli anni felici.
Passâr le care imagini, disparvero lievi co 'l sonno.
Lauretta empieva intanto di gioia canora le stanze,
Bice china al telaio seguia cheta l'opra de l'ago.

Monday, June 23, 2008

Il cielo precipita nel mare

Gabriele D'Annunzio-TERRA, VALE!

Tutto il Cielo precipita nel Mare.
S'intenebrano i liti e si fan cavi,
talami dell'Eumenidi avernali.
Nubi opache sul limite marino
alzano in contro mura di basalte.
Solo tra le due notti il Mar risplende.
presa e constretta negli intorti gorghi,
come una preda pallida, è la luce.

La tempesta ha divelto con furore
i pascoli nettunii dalle salse
valli ove agguatano i ritrosi mostri.
Alghe livide, fuchi ferrugigni,
nere ulve di radici multiformi
fanno grande alla morta foce ingombro,
natante prato cui nessuna greggia
morderà, calcherà nessun pastore.

Virtù si cela forse nelle fibre
sterili, che trasmuta il petto umano?
O mito del mortale fatto nume
cerulo, rinnovèllati nel mio
desiderio del flutto infaticato!
Tutto il Cielo precipita nel Mare.
Preda è la luce dei viventi gorghi,
forse immolata per l'eternità.

Wednesday, June 18, 2008

Vita spericolata

Amanhã vou para aqui



Margarida V-Madeira

Vini Vidi e Pasa











Tirado daqui.

À la maison



Pardon my french, mais Monseuir Domenech, NO RABO!!

All' Italia

Giacomo Leopardi-ALL'ITALIA

O patria mia, vedo le mura e gli archi
E le colonne e i simulacri e l'erme
Torri degli avi nostri,
Ma la la gloria non vedo,
Non vedo il lauro e il ferro ond'eran carchi
I nostri padri antichi. Or fatta inerme
Nuda la fronte e nudo il petto mostri,
Oimè quante ferite,
Che lívidor, che sangue! oh qual ti veggio,
Formesissima donna!
Io chiedo al cielo e al mondo: dite dite;
Chi la ridusse a tale? E questo è peggio,
Che di catene ha carche ambe le braccia,
Sì che sparte le chiome e senza velo
Siede in terra negletta e sconsolata,
Nascondendo la faccia
Tra le ginocchia, e piange.
Piangi, che ben hai donde, Italia mia,
Le genti a vincer nata
E nella fausta sorte e nella ria.
Se fosser gli occhi tuoi due fonti vive,
Mai non potrebbe il pianto
Adeguarsi al tuo danno ed allo scorno;
Che fosti donna, or sei povera ancella.
Chi di te parla o scrive,
Che, rimembrando il tuo passato vanto,
Non dica: già fu grande, or non è quella?
Perchè, perchè? dov'è la forza antica?
Dove l'armi e il valore e la costanza?
Chi ti discinse il brando?
Chi ti tradì? qual arte o qual fatica
0 qual tanta possanza,
Valse a spogliarti il manto e l'auree bende?
Come cadesti o quando
Da tanta altezza in così basso loco?
Nessun pugna per te? non ti difende
Nessun de' tuoi? L'armi, qua l'armi: ío solo
Combatterà, procomberò sol io.
Dammi, o ciel, che sia foco
Agl'italici petti il sangue mio.
Dove sono i tuoi figli?. Odo suon d'armi
E di carri e di voci e di timballi
In estranie contrade
Pugnano i tuoi figliuoli.
Attendi, Italia, attendi. Io veggio, o parmi,
Un fluttuar di fanti e di cavalli,
E fumo e polve, e luccicar di spade
Come tra nebbia lampi.
Nè ti conforti e i tremebondi lumi
Piegar non soffri al dubitoso evento?
A che pugna in quei campi
L'itata gioventude? 0 numi, o numi
Pugnan per altra terra itali acciari.
Oh misero colui che in guerra è spento,
Non per li patrii lidi e per la pia
Consorte e i figli cari, Ma da nemici altrui
Per altra gente, e non può dir morendo
Alma terra natia,
La vita che mi desti ecco ti rendo.
Oh venturose e care e benedette
L'antiche età, che a morte
Per la patria correan le genti a squadre
E voi sempre onorate e gloriose,
0 tessaliche strette,
Dove la Persia e il fato assai men forte
Fu di poch'alme franche e generose!
lo credo che le piante e i sassi e l'onda
E le montagne vostre al passeggere
Con indistinta voce
Narrin siccome tutta quella sponda
Coprir le invitte schiere
De' corpi ch'alla Grecia eran devoti.
Allor, vile e feroce,
Serse per l'Ellesponto si fuggia,
Fatto ludibrio agli ultimi nepoti;
E sul colle d'Antela, ove morendo
Si sottrasse da morte il santo stuolo,
Simonide salia,
Guardando l'etra e la marina e il suolo.
E di lacrime sparso ambe le guance,
E il petto ansante, e vacillante il piede,
Toglicasi in man la lira:
Beatissimi voi,
Ch'offriste il petto alle nemiche lance
Per amor di costei ch'al Sol vi diede;
Voi che la Grecia cole, e il mondo ammira
Nell'armi e ne' perigli
Qual tanto amor le giovanette menti,
Qual nell'acerbo fato amor vi trasse?
Come si lieta, o figli,
L'ora estrema vi parve, onde ridenti
Correste al passo lacrimoso e, duro?
Parea ch'a danza e non a morte andasse
Ciascun de' vostri, o a splendido convito:
Ma v'attendea lo scuro
Tartaro, e l'ond'a morta;
Nè le spose vi foro o i figli accanto
Quando su l'aspro lito
Senza baci moriste e senza pianto.
Ma non senza de' Persi orrida pena
Ed immortale angoscia.
Come lion di tori entro una mandra
Or salta a quello in tergo e sì gli scava
Con le zanne la schiena,
Or questo fianco addenta or quella coscia;
Tal fra le Perse torme infuriava
L'ira de' greci petti e la virtute.
Ve' cavalli supini e cavalieri;
Vedi intralciare ai vinti
La fuga i carri e le tende cadute,
E correr fra' primieri
Pallido e scapigliato esso tiranno;
ve' come infusi e tintí
Del barbarico sangue i greci eroi,
Cagione ai Persi d'infinito affanno,
A poco a poco vinti dalle piaghe,
L'un sopra l'altro cade. Oh viva, oh viva:
Beatissimi voi
Mentre nel mondo si favelli o scriva.
Prima divelte, in mar precipitando,
Spente nell'imo strideran le stelle,
Che la memoria e il vostro
Amor trascorra o scemi.
La vostra tomba è un'ara; e qua mostrando
Verran le madri ai parvoli le belle
Orme dei vostro sangue. Ecco io mi prostro,
0 benedetti, al suolo,
E bacio questi sassi e queste zolle,
Che fien lodate e chiare eternamente
Dall'uno all'altro polo.
Deh foss'io pur con voi qui sotto, e molle
Fosse del sangue mio quest'alma terra.
Che se il fato è diverso, e non consente
Ch'io per la Grecia i mororibondi lumi
Chiuda prostrato in guerra,
Così la vereconda
Fama del vostro vate appo i futuri
Possa, volendo i numi,
Tanto durar quanto la, vostra duri.

Tuesday, June 17, 2008

Azzurro

Perfetti









Sexy











Marco Boriello


Belle donne


Alena Seredova (Buffon)


Sylvia Van der Vaart (Van Der Vaart)



Noemie Lenoir (Makelele)



Marta Cacchetto (Toni)



Belén Rodriguez (Boriello)



Sonia Del Piero (Del Piero)






Está quase



Tirado daqui.

Abusos



Varios soldados estadounidenses trasladaron a los detenidos a cubículos formados por rejas y alambre de púa, la misma clase que se usa para las reses.

Los guardias patearon a muchos de los detenidos hasta que cayeron al suelo presa de dolor. Los soldados le pusieron grilletes a otros detenidos y los arrastraron hasta celdas de aislamiento, y entonces los colgaron por las muñecas de cadenas que colgaban del techo de alambre.

El centro de detención en la Base Aérea Bagram al norte de Kabul, que Estados Unidos estableció a finales del 2001, fue un centro de brutalidad sistemática durante unos dos años, arroja una investigación de McClatchy Newspapers, pero los soldados responsables no han sido castigados seriamente.

Las protestas públicas en Estados Unidos y otros países se han centrado en el abuso a los detenidos en la Base Naval de Guantánamo, Cuba, y en la prisión iraquí de Abu Ghraib, pero la violencia contra los detenidos comenzó en Bagram y en un campamento similar en el Aeropuerto de Kandahar, en el sur de Afganistán.

"Me dieron patadas y puñetazos en Bagram (...) allí, cuando interrogan a un hombre de noche, a la mañana siguiente lo sacan en camilla casi muerto'', dijo Aminullah, un afgano que estuvo detenido allí un poco más de tres meses. "Pero en Guantánamo había reglas, ley''.

La investigación de McClatchy Newspapers, que duró ocho meses, detectó un patrón de abuso que se prolongó varios años. El abuso de los detenidos en Bagram se ha reportado en los medios estadounidenses, en particular The New York Times, que dio varias primicias. Pero la extensión del maltrato y el hecho que eclipsó los abusos en Guantánamo, no se había revelado anteriormente.

Los guardias dijeron que golpeaban rutinariamente a los prisioneros como represalia por los ataques terroristas de Al Qaida el 11 de septiembre del 2001, sin saber que la mayoría de los detenidos no tenía ninguna relación con Al Qaida.

Los ex detenidos de Bagram y Kandahar dijeron que los golpeaban con regularidad. De los 41 antiguos detenidos de Bagram entrevistados por McClatchy, 28 dijeron que los guardias o interrogadores los habían golpeado. Sólo ocho de los detenidos en Guantánamo dijeron que los habían golpeado.

Sin embargo, como el presidente George W. Bush hizo menos estrictas o eliminó las reglas que gobiernan el tratamiento de los llamados combatientes extranjeros, pocos militares estadounidenses han recibido sanciones disciplinarias según el Código Uniforme de Justicia Militar, y no se ha administrado ninguna sanción seria, incluso en los casos de dos detenidos que murieron después de ser golpeados por guardias estadounidenses.

En un esfuerzo por presentar un panorama lo más completo posible de las prácticas estadounidenses de detención, reporteros de McClatchy entrevistaron a 66 ex detenidos y verificaron elementos clave de sus versiones, hablaron con soldados estadounidenses que fueron guardias en los campamentos de deten ción y revisaron miles de páginas de documentos oficiales de cortes marciales e informes de derechos humanos.

El gobierno de Bush se niega a entregar todos los documentos del tratamiento a los detenidos en la guerra contra el terrorismo y ningún alto funcionario del gobierno federal aceptó ser entrevistado para discutir los hallazgos de la investigación de McClatchy.

La investigación halló que el índice de abusos reportados era mayor entre los hombres detenidos en el campamento de Kandahar que en Bagram. Treinta y dos de 42 hombres detenidos allí y entrevistados por McClatchy alegaron que los abofetearon o lanzaron al suelo. Pero varios ex detenidos dijeron que la violencia en Bagram era mucho más severa.

La brutalidad en Bagram llegó a su punto máximo en diciembre del 2002, cuando soldados estadounidenses mataron a golpes a dos detenidos afganos, conocidos sólo como Habibullah y Dilawar, mientras los tenían colgados del techo por las muñecas con cadenas.

Dilawar murió el 10 de diciembre, siete días después del fallecimiento de Habibullah. A Dilawar lo golpearon tantas veces en las piernas que "se le estaban cayendo los pedazos de carne'' y "básicamente lo hicieron pulpa'', dijo la entonces teniente coronel Elizabeth Rouse, médico forense de la Fuerza Aérea que practicó la autopsia.

El único oficial estadounidense reprendido por la muerte de Habibullah y Dilawar es el capitán Christopher Beiring, del Ejército, quien comandó la Compañía de Policía Militar 377 desde el verano del 2002 hasta la primavera del 2003.

Beiring le dijo a los investigadores que no había recibido ninguna capacitación formal en cómo dirigir una compañía de la Policía Militar, "sólo los cursos por correspondencia y la experiencia en el trabajo mismo''.

El entonces teniente coronel Thomas S. Berg, el abogado del Ejército que investigó a Beiring en la muerte de Habibullah y Dilawar, alegó: "El gobierno no presentó ninguna prueba de qué eran ‘‘prácticas, técnicas y procedimientos aprobados en las operaciones de detenidos''.

Por recomendación de Berg, los cargos contra Beiring se desestimaron y sólo le dieron una reprimenda por escrito.

La comandante de la sección de inteligencia militar que trabajó con la compañía de policía militar en Bagram, la capitana Carolyn Wood, declinó hacer comentarios.

El soldado que enfrentó los cargos más serios, Willie Brand, admitió que golpeó a Dilawar unas 37 veces, incluyendo unas 30 en las rodillas en una celda de aislamiento.

Brand, que pudo haber enfrentado hasta 11 años de cárcel, fue degradado a soldado raso, su único castigo, cuando lo hallaron culpable de agredir a incapacitar a Dilawar.

Pero algunos ex detenidos entrevistados por McClatchy y grupos de derechos humanos han dicho que la violencia fue rampante desde fines del 2001 hasta el verano del 2003 o más.

Algunos soldados que estuvieron en Bagram a partir del verano del 2002 confirmaron que los detenidos eran golpeados rutinariamente.

"Lo mismo si causaban problemas que si no, todos golpearon a algún detenido en algún momento'', dijo Brian Cammack, ex especialista de la Compañía de Policía Militar 377. Cammack fue sentenciado a tres meses de confinamiento militar y dado de baja deshonrosamente por haber golpeado a Habibullah.

El soldado Jeremy Callaway, que admitió haber golpeado a unos 12 detenidos en Bagram, declaró bajo juramento a los investigadores militares que se sentía incómodo siguiendo órdenes de ‘‘doblegar mental y físicamente a los detenidos''. Se negó a dar más detalles.

"Supongo que se le puede llamar tortura'', dijo Callaway, que sirvió en la 377 de agosto del 2002 a enero del 2003.

El mayor Jeff Bovarnick, asesor jurídico del centro de detención de Bagram de noviembre del 2002 a junio del 2003, dijo bajo juramento que de unos 500 detenidos que él sabía que habían pasado por Bagram, sólo unos 10 eran objetivos valiosos, que es el término usado por los militares para referirse a operativos terroristas importantes.

Eso no importó mucho. A Khaled al Asmr, un jordano alto y delgado, lo sacaron de un avión militar de carga de Estados Unidos en Bagram a principios del 2002. Lo llevaron encadenado y encapuchado de Pakistán y lo acusaron de ser operativo de Al Qaida, con posibles vínculos con los ataques del 11 de septiembre.

Asmr dijo que estaba en una cámara de interrogatorios, después de haber sido golpeado en la cara varias veces por unos guardias estadounidenses, cuando entraron otros dos vestidos de civil. Sacaron pistolas y los encañonaron en la cabeza. Un tercero entró, se le acercó y le susurró al oído: "Estoy aquí para salvarte de esta gente, pero tienes que decirme que eres de Al Qaida''.

Asmr, que le relató lo sucedido a un reportero de McClatchy en Jordania, fue declarado libre por un tribunal militar en Guantánamo. Dijo que había conocido a algunos dirigentes de Al Qaida pero que eso fue hace más de 15 años.

Algunos expertos jurídicos afirman que el maltrato a los detenidos de Bagram puede haber infringido la Convención de Ginebra de 1949 sobre el trato a prisioneros de guerra, que prohíbe la violencia o el trato humillante de los detenidos.


Tirado daqui.

La flor del aire

Gabriel Mistral-LA FLOR DEL AIRE

Yo la encontré por mi destino,
de pie a mitad de la pradera,
gobernadora del que pase,
del que le hable y que la vea.

Y ella me dijo: "Sube al monte.
Yo nunca dejo la pradera,
y me cortas las flores blancas
como nieves, duras y tiernas."

Me subí a la ácida montaña,
busqué las flores donde albean,
entre las rocas existiendo
medio dormidas y despiertas.

Cuando bajé, con carga mía,
la hallé a mitad de la pradera,
y fui cubriéndola frenética,
con un torrente de azucenas.

Y sin mirarse la blancura,
ella me dijo: "Tú acarrea
ahora sólo flores rojas.
Yo no puedo pasar la pradera."

Trepe las penas con el venado,
y busqué flores de demencia,
las que rojean y parecen
que de rojez vivan y mueran.

Thursday, June 12, 2008

Viva l'Italia

Mamma mia



Anti tesão


Servet Çetin


Ruud Van Nisteltooy


Jan Koller


Giorgos Karagounis


Carles Puyol


Petit


Cristiano Ronaldo


Ricardo

Tesão


Florent Malouda

~
Henrik Larsson


Iker Casillas


Frederik Ljungberg


Gianluca Zambrotta


Gianluigi Buffon


Marco Boriello


Alessandro del Piero

Lo que nos viene

El presidente del Banco Mundial estima que la supervivencia de dos mil millones de personas está en severo riesgo a causa de la crisis de los precios sobre productos alimenticios. Sencillamente no tendrán oportunidades de solventar sus necesidades básicas con sus ingresos paupérrimos mientras los sabios economistas de los cinco continentes, desde la comodidad de sus computadoras, se desafían ante sí ara ganar el juego especulativo de la realidad. No se trata de una ficción. Inmersos estamos, más bien sujetos, miles de millones de seres humanos.

Cuatro son las conflictivas previsibles que azotarán nuestro entorno en los próximos años con una fuerza devastadora superior a las de las bombas atómicas de la II Guerra Mundial que ahora se observan demasiado simples ante el poder destructivo de las nucleares ya armadas y listas a ser detonadas cuando los “equilibrios” se alteren de acuerdo a la visión de los políticos con capacidad para accionar los celebres botones rotos de los que depende la salvación del planeta. Otro juego más que supera a todos los de la “realidad virtual”.

Los desafíos por venir, fuera de los beligerantes, se dan en torno a la migración, el petróleo, el agua y los alimentos. México está en el listado de los cuatro en situación relevante aun cuando se nos hable del blindaje financiero y la consiguiente fortaleza de nuestra economía. La realidad nos coloca frente al paredón de las dependencias como efecto de nuestra condición de país satélite con sus recursos naturales, incluyendo los energéticos, prácticamente hipotecados a la gran potencia del norte que no detiene sus proyectos injerentistas si bien ya absorbió las rectorías mexicanas en lo económico, lo social y lo político.

Ya sabemos que la parte financiera depende de los lineamientos internacionales y de la puesta en orden hacia dentro con disciplina y austeridad hacia cuantos producen; también los equilibrios sociales devienen de la segunda fuente de ingresos más importante para México, las remesas que envían los trabajadores mexicanos emigrantes pese a ser tratados con desigualdad evidente; y finalmente, en cuanto a la tutela política esta se hizo evidente en el 2000 cuando el aval y el estímulo de la Casa Blanca a favor de la alternancia hizo factible “nuestra” transición sin sacudimientos extremos y la protección de los detentadores del verdadero poder. Tendremos tiempo para disertar sobre ello.

Mientras, el Fondo de Población de la ONU demanda la atención global sobre un fenómeno imparable que conduce hacia la miseria y la depauperación colectiva: en las próximas cuatro décadas estima que las cincuenta naciones más pobres del planeta triplicarán su población sin generar espacios y oportunidades indispensables para el desarrollo de las nuevas generaciones. Nacerán, por tanto, condenados a ser exterminados por la ausencia de satisfactores vitales. No hay soberanía que importe ante el genocidio por hambre.

México, como es costumbre, se prepara de rebote para afrontar la conflictiva por venir. No genera sus propias iniciativas sino que reacciona –su gobierno, se entiende- cuando el agua nos llega al cuello. Así ha sucedido, por ejemplo, con la crisis alimentaria que si bien es global fue predecible desde hace tiempo mientras los jilgueros gubernamentales se daban a la tarea de extender los optimismos malsanos sobre una población en estado de indefensión ante las incesantes llamaradas de la demagogia que indeclinablemente extienden después las frustraciones.

Llegamos tarde, casi por tradición, a los escenarios de las soluciones potenciales. Y, por lo general, éstas tienden más bien a la salvaguarda circunstancial de quienes ejercen el poder político, empezando por el titular del Ejecutivo federal, listos a vadear sus responsabilidades cubriéndose las espaldas. En esta línea se da el alivio de los aranceles en el renglón de los productos alimenticios con la idea de evitar una carestía mayor de los mismos. Un alivio que sería irrelevante s, desde hace años, se hubiera promovido la productividad. ¿Acaso no fue durante el salinato trágico cuando el entonces secretario de Agricultura y Ganadería, el profesor Carlos Hank González, anunció la autosuficiencia nacional en granos básicos? Poco después comenzó la importación de maíz para salvar de la hambruna a los más necesitados y con ello comenzó el dilema sobre el destino del maíz amarillo: esto es si se seguía o no distribuyendo entre los seres humanos o si sólo debía servir para abastecer a los animales. ¿Lo recuerdan? Es útil refrescar la memoria para situarnos en el contexto actual.

Los mexicanos, rehenes permanentes de la demagogia, tropezamos siempre con las mismas piedras.

Debate

De acuerdo a las expectativas de la ONU, dentro de tan sólo cuatro décadas, en el año 2050 –los jóvenes de hoy no perciben lo rápido que pasarán-, México integrará, junto con la India y China, el bloque de naciones con mayores flujos de emigrantes hacia los países más desarrollados. En nuestro caso, la cercanía con la gran potencia del norte extiende a toda la frontera –la más transitada del mundo por cierto-, el desafío entre los poderosos y quienes requieren sobrevivir encontrando oportunidades para laborar con o sin papeles.

El referente es, por supuesto, amargo. India y, sobre todo, China, deberán exportar mano de obra a causa de la sobrepoblación que padecen; México, en cambio, está suscrito a la miseria porque no genera riqueza per se aun cuando cuenta con impresionantes recursos en su hipotecado subsuelo. Esto es, mientras las dos grandes regiones asiáticas se extienden por el mundo elevando captaciones, los mexicanos carecen de posibilidades para arraigarse sobre el suelo patrio no por falta de espacio sino de recursos suficientes con miras a elevar la productividad de sus tierras sin perder los niveles de competencia ante los productos norteamericanos escudados en el proteccionismo de su gobierno.

No se vislumbra ninguna otra expectativa para México. Esto es como si su destino, como nación dependiente, fuera invariable. Esto es: los deficitarios regímenes públicos que hemos padecido, al influjo de un continuismo que se extendió del PRI al PAN en el ejercicio del gobierno central, dilapidaron no sólo los recursos puestos a su cuidado sino hasta la posibilidad de administrarlos correctamente. Pudimos ser ricos y acabamos siendo pobres no porque no hubiéramos contado con riqueza propia sino porque no fuimos –o no fueron más bien quienes integran la clase gobernante- capaces de hacer rendir los tesoros que la naturaleza puso a nuestro alcance. No hay perdón posible para ello.

Para colmo, México y Argentina son los dos grandes focos rojos, en la perspectiva universal, en el renglón de los alimentos. Con una diferencia notable: la nación sudamericana cuenta con una ganadería próspera, generadora de las nutrientes animales que casi alcanzan la autosuficiencia, y nuestro país ha sido constantemente engañado con los anuncios oficiales en torno a nuestra capacidad de generar nuestros propios alimentos. Nada hemos podido preservar y estimular porque nos han vencido la ineficacia, la demagogia y, por supuesto, la corrupción. El cuarto jinete de nuestro propio Apocalipsis es, sin duda, la desinformación que provee de elementos a los grandes manipuladores colectivos. En este punto, quienes ejercemos el periodismo sí tenemos vela en el entierro.

El hecho es que por ello la crisis global que impacta los precios de los alimentos, con detonantes especulativos favorecedores de las expectativas de los fuertes como siempre, nos ha tomado casi por sorpresa con un gobierno más interesado en asegurar su legitimidad –lo que no ha conseguido en año y medio de ejercicio-, que en enfrentar los desafíos de la compleja interrelación entre gobiernos y empresas con enorme capacidad de inversión, muchas veces superior a la de los países situados en el tercer mundo. Negar esta realidad es igual que andar a tientas.

El Reto

Para infortunio nuestro, de acuerdo a los análisis globales, México está considerado, en la misma línea, por la escasez de agua dulce –hemos secado fuentes con la mayor irresponsabilidad imaginable-, y su condición de región productora del ambicionado petróleo con todo y sus notables yacimientos. El Hoyo de la Dona, en el Golfo de México, regulado desde el periodo presidencial del estadounidense Bill Clinton –ahora casi cesante en materia política tras el descalabro de su esposa, la inquieta Hillary de la vista gorda-, con discrecionales acentos, esto es sólo observando el interés propio y la pobre capacidad de México para reaccionar con grandeza e igualdad de miras.

Al respecto no dejo de señalar una fatalidad: quien más conocía del asunto, José Ángel Conchillo Dávila, fue arrollado por un tráiler en la madrugada del 4 de agosto de 1998, precisamente cuando su sabiduría era de estratégica importancia para frenar las ambiciones sin medida del fuerte. Conchillo, claro, se oponía a la tendencia en pro de la privatización de los recursos de la Dona como ha sido pretensión de las grandes compañías petroleras de la Unión Americana.

Una muerte oportuna, sin duda, para los intereses del establishment.

La Anécdota

El futuro será para los especuladores. No hay duda sobre ello salvo si se produce un cataclismo como predicen las profecías acerca de un hombre negro gobernando la Casa Blanca como preludio de una tercera guerra universal.

En La Habana, en febrero de 2002, el Nóbel de Economía, Robert Mundell, situó la perspectiva respecto a las naciones del tercer mundo, México entre ellas, ante un desafío:

–Estos países debieran diversificar sus reservas monetarias para no asfixiarse con los vaivenes del dólar; esto es dejando parte de ellas en esta divisa pero otras en euros y hasta en yens. Con ello podrían protegerse ante las crisis inevitables de cada moneda.

Quien no especule, o no se prepare para especular, está sencillamente vencido de antemano. ¿Acaso tal es el sino del Banco de México

Tirado daqui.

Mirar


mirada

Mirar
¿Por qué buscas aquí la mirada achinada de quien tras la ventana en la ventana espera que a su puerta ocurra algo más que el raguño del gato exigiendo entrar?

Hubo quien creyó que las palabras eran mayor sustancia que los seres...
Hubo en otro tiempo quien defendió a capa y pluma cada momento de tabaco y cafeína...
Hubo tanto y hoy sólo es una historia, un sueño borroneado vuelto cuento sólo porque hay una rosa blanca en la cómoda, junto a la cama, al depertar.

Buscame sólo donde sabes que no estoy.
Hoy, que el dolor se trasmuta mediante conexión, en linea, paso de información infinita.
En esta ventana que soy un número no tengo privacidad. Ni personal identidad.
Y afuera, la tarjeta es el registro de mis días, mis esfuerzos y andares.
¿Dónde está la piel y la mirada verdadera?
(escondidas, en tono bajo, bajo la sábana, dentro el coche anónimo que se esconde a acercarse a eso que antes llamaron amor).

ES DEL GRITO MI ANSIA
No, no, no, ve con calma. Sonríe. Espera el mensaje. Calma con los msm de tu LG, que se agota el saldo...
toca entonces, conoces la vía y el camino.
pongamos a esta danza un poco de colores...
de frente
con los labios
con la risa
y entre nos: la ausencia de espacio, la nada.

Tirado daqui.

Monumento al mar

Vicente Huidobro-MONUMENTO AL MAR

Paz sobre la constelación cantante de las aguas
Entrechocadas como los hombros de la multitud
Paz en el mar a las olas de buena voluntad
Paz sobre la lápida de los naufragios
Paz sobre los tambores del orgullo y las pupilas tenebrosas
Y si yo soy el traductor de las olas
Paz también sobre mí.

He aquí el molde lleno de trizaduras del destino
El molde de la venganza
Con sus frases iracundas despegándose de los labios
He aquí el molde lleno de gracia
Cuando eres dulce y estás allí hipnotizado por las estrellas

He aquí la muerte inagotable desde el principio del mundo
Porque un día nadie se paseará por el tiempo
Nadie a lo largo del tiempo empedrado de planetas difuntos

Este es el mar
El mar con sus olas propias
Con sus propios sentidos
El mar tratando de romper sus cadenas
Queriendo imitar la eternidad
Queriendo ser pulmón o neblina de pájaros en pena
O el jardín de los astros que pesan en el cielo
Sobre las tinieblas que arrastramos
O que acaso nos arrastran
Cuando vuelan de repente todas las palomas de la luna
Y se hace más oscuro que las encrucijadas de la muerte

El mar entra en la carroza de la noche
Y se aleja hacia el misterio de sus parajes profundos
Se oye apenas el ruido de las ruedas
Y el ala de los astros que penan en el cielo
Este es el mar
Saludando allá lejos la eternidad
Saludando a los astros olvidados
Y a las estrellas conocidas.

Este es el mar que se despierta como el llanto de un niño
El mar abriendo los ojos y buscando el sol con sus pequeñas manos temblorosas
El mar empujando las olas
Sus olas que barajan los destinos

Levántate y saluda el amor de los hombres

Escucha nuestras risas y también nuestro llanto
Escucha los pasos de millones de esclavos
Escucha la protesta interminable
De esa angustia que se llama hombre
Escucha el dolor milenario de los pechos de carne
Y la esperanza que renace de sus propias cenizas cada día.

También nosotros te escuchamos
Rumiando tantos astros atrapados en tus redes
Rumiando eternamente los siglos naufragados
También nosotros te escuchamos

Cuando te revuelcas en tu lecho de dolor
Cuando tus gladiadores se baten entre sí

Cuando tu cólera hace estallar los meridianos
O bien cuando te agitas como un gran mercado en fiesta
O bien cuando maldices a los hombres
O te haces el dormido
Tembloroso en tu gran telaraña esperando la presa.

Lloras sin saber por qué lloras
Y nosotros lloramos creyendo saber por qué lloramos
Sufres sufres como sufren los hombres
Que oiga rechinar tus dientes en la noche
Y te revuelques en tu lecho
Que el insomnio no te deje calmar tus sufrimientos
Que los niños apedreen tus ventanas
Que te arranquen el pelo
Tose tose revienta en sangre tus pulmones
Que tus resortes enmohezcan
Y te veas pisoteado como césped de tumba

Pero soy vagabundo y tengo miedo que me oigas
Tengo miedo de tus venganzas
Olvida mis maldiciones y cantemos juntos esta noche
Hazte hombre te digo como yo a veces me hago mar
Olvida los presagios funestos
Olvida la explosión de mis praderas
Yo te tiendo las manos como flores
Hagamos las paces te digo
Tú eres el más poderoso
Que yo estreche tus manos en las mías
Y sea la paz entre nosotros

Junto a mi corazón te siento
Cuando oigo el gemir de tus violines
Cuando estás ahí tendido como el llanto de un niño
Cuando estás pensativo frente al cielo
Cuando estás dolorido en tus almohadas
Cuando te siento llorar detrás de mi ventana
Cuando lloramos sin razón como tú lloras

He aquí el mar
El mar donde viene a estrellarse el olor de las ciudades
Con su regazo lleno de barcas y peces y otras cosas alegres
Esas barcas que pescan a la orilla del cielo
Esos peces que escuchan cada rayo de luz
Esas algas con sueños seculares
Y esa ola que canta mejor que las otras

He aquí el mar
El mar que se estira y se aferra a sus orillas
El mar que envuelve las estrellas en sus olas
El mar con su piel martirizada
Y los sobresaltos de sus venas
Con sus días de paz y sus noches de histeria

Y al otro lado qué hay al otro lado
Qué escondes mar al otro lado
El comienzo de la vida largo como una serpiente
O el comienzo de la muerte más honda que tú mismo
Y más alta que todos los montes
Qué hay al otro lado
La milenaria voluntad de hacer una forma y un ritmo
O el torbellino eterno de pétalos tronchados

He ahí el mar
El mar abierto de par en par
He ahí el mar quebrado de repente
Para que el ojo vea el comienzo del mundo
He ahí el mar
De una ola a la otra hay el tiempo de la vida
De sus olas a mis ojos hay la distancia de la muerte

Friday, June 06, 2008

Valió la pena

Alguém que me ajude, que ando com esta música desde terça-feira na cabeça e não á maneira de sair. Help!!

Verão


Margarida V-Parede

Gli italiani lo sanno, i partiti, forse, non ancora

Le elezioni hanno lasciato un senso di vuoto. Vuoto di rappresentanza. Vuoto di partecipazione. Il voto è stato soltanto una croce. Un gesto rituale. I partiti erano uno e bino, psiconano e Topo Gigio. PDL e PD-meno-elle. Stesse logiche di potere. Stessa paura di perdere il potere. Stesso programma. Stessi candidati, intercambiabili, Ichino, Calearo, Carra, Ciarrapico. In passato gli italiani hanno scelto. Per la Repubblica o per la Monarchia. Per il fronte socialcomunista o per la Democrazia Cristiana. Hanno deciso del loro futuro. Gli italiani hanno votato per il divorzio, per l’aborto, per il no al nucleare. Per l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Per una nuova legge elettorale. In passato sono stati elettori, opinione pubblica, movimenti. Oggi non sono più niente. Hanno la consapevolezza di non avere riferimenti. Nessuna istituzione si fa voce per i cittadini. La paura del cambiamento rende tutti parenti, complici, da Morfeo in giù. I partiti stanno spogliando la democrazia una foglia alla volta, come un carciofo. Una piuma alla volta, come una gallina. Il cittadino sente solo un leggero dolore. La democrazia diventa dittatura, ma non lo sa nessuno. La Costituzione è un peso insopportabile per i partiti. Organizzano larghe intese per cambiarla. Un inciucio benedetto dal Capo dello Stato. La magistratura è quasi impotente. La legge sulle intercettazioni le darà il colpo finale. La Polizia, per ammissione del suo capo, vive in un perpetuo indulto. I delinquenti arrestati, un minuto dopo sono fuori, grazie alle leggi ad personam dallo psiconano. L’Italia è fallita per salvare una sola persona. Era meglio dargli l’impunità a vita, un assegno in bianco e un biglietto aereo di sola andata per Hammamet. La politica è morta. I cittadini lo hanno capito, stanno interiorizzando il lutto. Il vuoto. Alla parola futuro si risponde con il vuoto delle parole. Inceneritori, centrali nucleari, militarizzazione del Paese. Il sistema scolastico produce i migliori somari di Europa. Il sistema politico ha sdoganato i pregiudicati in Parlamento. Stanchezza. L’Italia è stanca. Non ha vie di uscita. Il sistema è bloccato. Bokassa Bassolino e Testa d’Asfalto sono la stessa cosa. Si amano senza più nascondersi. I testimoni di Spartacus, il processo a Monnezzopoli, vengono uccisi come le ciliegie. Uno tira l’altro. La scorta per loro non c’è. E, se non c’è, una ragione c’è sempre. I cittadini onesti sono clandestini. Sono maggioranza, ma sfiduciata, perplessa, incredula. In attesa di un segnale. Piccole crepe nei muri. Questa politica finirà, o finirà il Paese. Gli italiani lo sanno, i partiti, forse, non ancora.

Tirado daqui.

Injustiça

En los momentos de crisis económica es cuando florecen los miedos colectivos al inmigrante, al que los nacionales toman como competidor de los menguantes puestos de trabajo. Mano de obra desesperada y, por tanto, mucho más barata y fácil de explotar.

En la Alemania del primer cuarto de siglo XX, cuando la herida del tratado de Versalles, impuesto a la fuerza por los países triunfadores en la primera Guerra Mundial, empezaba a cicatrizar, el nazismo supo aprovechar el miedo al diferente (gitanos) o al supuesto acaparador de la riqueza (judíos) para prender su credo xenófobo y ultranacionalista entre la población. Sólo así se explica que uno de los pueblos más cultos de la Tierra llegase a justificar aquel desvarío como mecanismo de autodefensa.

No es lo mismo, ya lo sé. La Unión Europea acaba de aprobar una directiva mediante la cual los inmigrantes “sin papeles” podrán permanecer internados hasta 18 meses, hasta que se solucione su caso. Tiene tintes de batalla global al inmigrante, una forma de sublimar los miedos, con un baño de legalidad con el que limpiar nuestras conciencias de bárbaros.

Como la Historia tiene una molesta tendencia a repetirse, un reflejo condicionado se desencadenó en mí y me ha hecho recordar que los grandes cataclismos han tenido siempre un comienzo supuestamente intranscendente. Es el “efecto mariposa” de la teoría del Caos, en el que pequeñas decisiones pueden, por acumulación o interacción, alcanzar efectos que se nos pueden ir de las manos.

Los gallegos sabemos mucho de emigración. No hay hogar en Galicia que no tenga un pariente en ultramar o esparciendo sus genes por algún lugar de Europa. Cuando pienso en la aportación decisiva de la inmigración (y más la ilegal que la legal, no nos engañemos) del despegue económico español en estos últimos años me acuerdo de cómo la recuperación de Alemania en la postguerra hubiera sido imposible sin la sangría migratoria de países como España.

Por eso tengo la desagradable impresión de que la directiva recién aprobada es una injusticia histórica, además de convertirnos en muy malos pagadores.


Tirado daqui.

Se va la poesía de las cosas

Pablo Neruda-BARRIO SIN LUZ

¿Se va la poesía de las cosas
o no la puede condensar mi vida?
Ayer mirando el último crepúsculo
yo era un manchón de musgo entre unas ruinas.

Las ciudades hollines y venganzas,
la cochinada gris de los suburbios,
la oficina que encorva las espaldas,
el jefe de ojos turbios.

Sangre de un arrebol sobre los cerros,
sangre sobre las calles y las plazas,
dolor de corazones rotos,
podre de hastíos y de lágrimas.

Un río abraza el arrabal
como una mano helada que tienta en las tinieblas:
sobre sus aguas se avergüenzan
de verse las estrellas.

Y las casas que esconden los deseos
detrás de las ventanas luminosas,
mientras afuera el viento
lleva un poco de barro a cada rosa.

Lejos... la bruma de las olvidanzas
humos espesos, tajamares rotos,
y el campo, ¡el campo verde!, en que jadean
los bueyes y los hombres sudorosos.

Y aquí estoy yo, brotado entre las ruinas,
mordiendo solo todas las tristezas,
como si el llanto fuera una semilla
y yo el único surco de la tierra.

Thursday, June 05, 2008

Dia mundial do ambiente



Tirado daqui.

137



Tirado daqui.

The Kite Runner



Acabo de ler um livro lindo, chama-se The Kite Runner, não sei se está editado em português eu li em inglês comprado na Amazon.
É o primeiro livro deste autor afegão (criado nos USA), Khaled Hoseini, conta-nos a história de Amir, desde a sua infância privilegiada, no Afeganistão monárquico, com todos os seus desafios,passando pela invasão russa até aos nossos dias. Passando por todos os desfios de uma criança e adolescente, e a sua amizade (que se parece a uma tapeçaria de amor, perda e vergonha) com Hassan.
Devido á invasão russa Amir e o seu pai são obrigados a emigrar para os USA, onde se tornam exilados e pobres. A sua vida desenrola-se pacificamente em San Francisco, onde se casa e tem a sua vida. O livro sofre uma reviravolta, e Amir tem de voltar ao Afeganistão dos talibãs, mas não vou contar mais para não perder a piada.
The Kite Runner, envolve-nos e faz-nos lembrar quanto tempo este povo lutou e coninua a lutar contra as forças da violência.

Um romance épico, passado num país que está a ser destruido, um romance de amizade, do preço da traição, e a possibilidade de redenção. Principalmente um romance de pais e filhos o seu amor, os seus sacrifícios e as suas mentiras.

(Vejam o filme que vale a pena)

I'm asking you to believe


Sixteen months have passed since we first stood together on the steps of the Old State Capitol in Springfield, Illinois. Thousands of miles have been traveled. Millions of voices have been heard. And because of what you said – because you decided that change must come to Washington; because you believed that this year must be different than all the rest; because you chose to listen not to your doubts or your fears but to your greatest hopes and highest aspirations, tonight we mark the end of one historic journey with the beginning of another – a journey that will bring a new and better day to America. Tonight, I can stand before you and say that I will be the Democratic nominee for President of the United States.

I want to thank every American who stood with us over the course of this campaign – through the good days and the bad; from the snows of Cedar Rapids to the sunshine of Sioux Falls. And tonight I also want to thank the men and woman who took this journey with me as fellow candidates for President.

At this defining moment for our nation, we should be proud that our party put forth one of the most talented, qualified field of individuals ever to run for this office. I have not just competed with them as rivals, I have learned from them as friends, as public servants, and as patriots who love America and are willing to work tirelessly to make this country better. They are leaders of this party, and leaders that America will turn to for years to come.

That is particularly true for the candidate who has traveled further on this journey than anyone else. Senator Hillary Clinton has made history in this campaign not just because she's a woman who has done what no woman has done before, but because she's a leader who inspires millions of Americans with her strength, her courage, and her commitment to the causes that brought us here tonight.

We've certainly had our differences over the last sixteen months. But as someone who's shared a stage with her many times, I can tell you that what gets Hillary Clinton up in the morning – even in the face of tough odds – is exactly what sent her and Bill Clinton to sign up for their first campaign in Texas all those years ago; what sent her to work at the Children's Defense Fund and made her fight for health care as First Lady; what led her to the United States Senate and fueled her barrier-breaking campaign for the presidency – an unyielding desire to improve the lives of ordinary Americans, no matter how difficult the fight may be. And you can rest assured that when we finally win the battle for universal health care in this country, she will be central to that victory. When we transform our energy policy and lift our children out of poverty, it will be because she worked to help make it happen. Our party and our country are better off because of her, and I am a better candidate for having had the honor to compete with Hillary Rodham Clinton.

There are those who say that this primary has somehow left us weaker and more divided. Well I say that because of this primary, there are millions of Americans who have cast their ballot for the very first time. There are Independents and Republicans who understand that this election isn't just about the party in charge of Washington, it's about the need to change Washington. There are young people, and African-Americans, and Latinos, and women of all ages who have voted in numbers that have broken records and inspired a nation.

All of you chose to support a candidate you believe in deeply. But at the end of the day, we aren't the reason you came out and waited in lines that stretched block after block to make your voice heard. You didn't do that because of me or Senator Clinton or anyone else. You did it because you know in your hearts that at this moment – a moment that will define a generation – we cannot afford to keep doing what we've been doing. We owe our children a better future. We owe our country a better future. And for all those who dream of that future tonight, I say – let us begin the work together. Let us unite in common effort to chart a new course for America (...).

Así es

Jaime Sabines-ASÍ ES

Con siglos de estupor,
con siglos de odio y llanto,
con multitud de hombres amorosos y ciegos,
destinado a la muerte,
ahogándome en mi sangre, aquí, embrocado.
Igual a aun perro herido al que rodea la gente.
Feo como el recién nacido
y triste como el cadáver de la parturienta.

Los que tenemos frío de verdad,
los que estamos solos por todas partes,
los sin nadie.
los que no pueden dejar destruirse,
ésos no importan, no valen nada, nada,
que de una vez se vayan, que se mueran pronto.
A ver si es cierto: muérete.
¡Muérete, Jaime, muérete!

¡Ah, mula vida,
testaruda, sorda!

Poetas, mentirosos, ustedes no se mueran nunca.
Con su pequeña muerte andan por todas partes
y la lucen, la lloran, le ponen flores,
se la enseñan a los pobres, a los humildes, a los que
tienen esperanza.
Ustedes no conocen la muerte todavía:
cuando la conozcan ya no hablarán de ella,
se dirán que no hay tiempo sino para vivir.

Es que yo he visto muertos,
y sólo los muertos son la muerte,
y eso, de veras, ya no importa.

Un desgraciado como yo no ha de ser siempre
desgraciado.
he aquí la vida.

Puedo decirles una cosa por los que han muerto de amor,
por los enfermos de esperanza,
por los que han acabado sus días y aún andan por las
calles
con una mirada inequívoca en los ojos
y con el corazón en las manos ofreciéndolo a nadie.
Por ellos, y por los cansados que mueren lentamente en
buhardillas
y no hablan, y tienen sucio el cuerpo, altaneros del
hambre,
odiadores que pagan con moneda de amor.
por éstos y los otros, por todos los que se han metido las
manos
debajo de las costillas
y han buscado hacia arriba esa palabra, ese rostro,
y sólo han encontrado peces de sangre, arena....
Puedo decirles una cosa que no será silencio,
que no ha de ser soledad,
que no conocerá ni locura ni muerte.
Una cosa está en los labios de los niños,
que madura en la boca de los ancianos,
débil como la fruta en la rama,
codiciosa como el viento:
humildad.

Puedo decirles también
que no hagan caso de lo que yo les diga.
El fruto asciende por el tallo, sufre la flor y llega al aire.
Nadie podrá prestarme su vida.
Hay que saber, no obstante,
que los ríos todos nacen del mar.

Wednesday, June 04, 2008

Bridge



Tirado daqui.
 
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