Garibaldi
Giosuè Carducci-A GIUSEPPE GARIBALDI
III NOVEMBRE MDCCCLXXX
Il dittatore, solo, a la lugubre
schiera d'avanti, ravvolto e tacito
cavalca: la terra ed il cielo
squallidi, plumbei, freddi intorno.
Del suo cavallo la pésta udivasi
guazzar nel fango: dietro s'udivano
passi in cadenza, ed i sospiri
de' petti eroici ne la notte.
Ma da le zolle di strage livide,
ma da i cespugli di sangue roridi,
dovunque era un povero brano,
o madri italiche, de i cuor vostri,
saliano fiamme ch'astri parevano,
sorgeano voci ch'inni suonavano:
splendea Roma olimpica in fondo,
correa per l'aëre un peana.
- Surse in Mentana l'onta de i secoli
dal triste amplesso di Pietro e Cesare:
tu hai, Garibaldi, in Mentana
su Pietro e Cesare posto il piede.
O d'Aspromonte ribelle splendido,
o di Mentana superbo vindice,
vieni e narra Palermo e Roma
in Capitolïo a Camillo. -
Tale un'arcana voce di spiriti
correa solenne pe 'l ciel d'Italia
quel dí che guairono i vili,
botoli timidi de la verga.
Oggi l'Italia t'adora. Invòcati
la nuova Roma novello Romolo:
tu ascendi, o divino: di morte
lunge i silenzii dal tuo capo.
Sopra il comune gorgo de l'anime
te rifulgente chiamano i secoli
a le altezze, al puro concilio
de i numi indigeti su la patria.
Tu ascendi. E Dante dice a Virgilio
"Mai non pensammo a forma piú nobile
d'eroe". Dice Livio, e sorride,
"È de la storïa, o poeti.
De la civile storia d'Italia
è quest'audacia tenace ligure,
che posa nel giusto, ed a l'alto
mira, e s'irradia ne l'ideale".
Gloria a te, padre. Nel torvo fremito
spira de l'Etna, spira ne' turbini
de l'alpe il tuo cor di leone
incontro a' barbari ed a' tiranni.
Splende il soave tuo cor nel cerulo
riso del mare del ciel de i floridi
maggi diffuso su le tombe
su' marmi memori de gli eroi.
III NOVEMBRE MDCCCLXXX
Il dittatore, solo, a la lugubre
schiera d'avanti, ravvolto e tacito
cavalca: la terra ed il cielo
squallidi, plumbei, freddi intorno.
Del suo cavallo la pésta udivasi
guazzar nel fango: dietro s'udivano
passi in cadenza, ed i sospiri
de' petti eroici ne la notte.
Ma da le zolle di strage livide,
ma da i cespugli di sangue roridi,
dovunque era un povero brano,
o madri italiche, de i cuor vostri,
saliano fiamme ch'astri parevano,
sorgeano voci ch'inni suonavano:
splendea Roma olimpica in fondo,
correa per l'aëre un peana.
- Surse in Mentana l'onta de i secoli
dal triste amplesso di Pietro e Cesare:
tu hai, Garibaldi, in Mentana
su Pietro e Cesare posto il piede.
O d'Aspromonte ribelle splendido,
o di Mentana superbo vindice,
vieni e narra Palermo e Roma
in Capitolïo a Camillo. -
Tale un'arcana voce di spiriti
correa solenne pe 'l ciel d'Italia
quel dí che guairono i vili,
botoli timidi de la verga.
Oggi l'Italia t'adora. Invòcati
la nuova Roma novello Romolo:
tu ascendi, o divino: di morte
lunge i silenzii dal tuo capo.
Sopra il comune gorgo de l'anime
te rifulgente chiamano i secoli
a le altezze, al puro concilio
de i numi indigeti su la patria.
Tu ascendi. E Dante dice a Virgilio
"Mai non pensammo a forma piú nobile
d'eroe". Dice Livio, e sorride,
"È de la storïa, o poeti.
De la civile storia d'Italia
è quest'audacia tenace ligure,
che posa nel giusto, ed a l'alto
mira, e s'irradia ne l'ideale".
Gloria a te, padre. Nel torvo fremito
spira de l'Etna, spira ne' turbini
de l'alpe il tuo cor di leone
incontro a' barbari ed a' tiranni.
Splende il soave tuo cor nel cerulo
riso del mare del ciel de i floridi
maggi diffuso su le tombe
su' marmi memori de gli eroi.
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